FARE REMINISCENZA E’ TUTELARE LA QUALITA’ DI VITA

Fare reminiscenza è un’esperienza che procura benessere alla persona che sta evocando i propri ricordi personali, e anche a quelli che la ascoltano. La persona anziana malata di demenza prova un grande piacere nel sentirsi capace di far emergere ricordi antichi, che possono persistere a lungo anche quando quelli di eventi più recenti sono sfilacciati. La reminiscenza fa rivivere dei periodi della vita nei quali queste persone erano attive, in buona salute, ha il potere di rievocare i sentimenti positivi provati allora – fiducia, padronanza di sé, felicità etc.

Questo processo permette dunque di lottare contro i sentimenti di scoraggiamento e di angoscia che affiorano nelle persone ogni volta che prendono coscienza dei loro deficit intellettivi. C’è poi da dire che l’effetto antidepressivo di queste attività permette a volte di eliminare dei blocchi affettivi che potevano aggravare le difficoltà di memoria. Come scrive W. Beck: “Esiste una correlazione clinica tra la depressione e la demenza di tipo Alzheimer. Gli elementi depressivi conducono a un indebolimento delle facoltà intellettive, in particolare della memoria: le difficoltà intellettive hanno a loro volta un effetto depressogeno facendo abbassare la stima si sé; di conseguenza, l’auto – deprezzamento aggrava i deficit intellettivi.”

Che l’attività di reminiscenza sia condotta in maniera formale, da un animatore all’interno di un gruppo strutturato, in un contesto istituzionale, oppure in maniera informale in famiglia o con amici, l’accento è posto sulle relazioni che la persona con demenza intrattiene con il proprio ambiente sociale. Ogni volta che è possibile, cerchiamo di insistere perchè la persona più vicina al malato (il coniuge, un figlio, un amico etc…) partecipi alle attività di reminiscenza.

Ciò, infatti, permette a chi ascolta di apprendere molte più cose sul passato della persona che accudisce. Queste conoscenze sono utili per comprendere il significato dei suoi comportamenti attuali e i suoi sentimenti. Man mano che i deficit cognitivi della persona aumentano, il suo entourage incontra difficoltà sempre maggiori nel comunicare con lei e nel trovare attività da proporle. Il gruppo di reminiscenza offre a queste persone un contesto di attività strutturate che possono essere usate quotidianamente, in maniera informale o formale.

Gli amici e i famigliari della persona malata si sentono spesso preoccupati nel mostrarsi in pubblico, nel dover uscire di casa con una persona cara che presenta deficit cognitivi ben visibili e udibili.

Così, tendono a isolarsi, ad allontanarsi anche dai parenti. Il gruppo di reminiscenza permetterà allora al malato e a chi lo cura di conoscere altre persone, in un contesto sociale accogliente che li porterà ad ampliare la loro cerchia, il loro mondo.

Un gruppo costituito da persone che si trovano tutte ad affrontare le stesse difficoltà rappresenta un valido aiuto per tutti i suoi membri, che si tratti dei malati o dei familiari. Ad alcuni famigliari curanti è stato possibile, grazie alla partecipazione a un laboratorio di reminiscenza, uscire da un vero e proprio stato depressivo, dovuto principalmente alle loro difficoltà nel riuscire a comunicare con la persona cara.

La rievocazione e la condivisione in gruppo dell’esperienza passata di ciascuno dei presenti costituisce un ricchezza comune che non solo da senso e coesione al gruppo, ma costituisce la base comune sulla quale il gruppo potrà gradatamente aprirsi a nuove attività interessanti e appaganti, da portare avanti tutti insieme: scrittura, giochi di ruolo, momenti di espressione artistica etc…

Inoltre, i famigliari curanti hanno un ruolo importante da giocare nei confronti degli operatori e dei volontari. Se sono disponibili a consacrare parte del loro tempo e a coinvolgersi, potranno contribuire a colmare alcune lacune nella conoscenza del loro famigliare e fornire informazioni preziose sui personaggi e sugli eventi più importanti della sua vita.

Questa esperienza sarà molto valorizzante per i curanti perchè permetterà loro di continuare a sentirsi utili e giocare un ruolo riconosciuto, attivo, nei confronti della persona cara.


E. Bruce
, S. Hodgson, P. Schweitzer (2003) “I ricordi che curano. Pratiche di reminiscenza nella malattia di Alzheimer”, Cortina Raffaello, Milano

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